Domenico Piola, Affreschi (Chiesa di San Luca)

Domenico Piola, Affreschi di San Luca

Autore: Domenico Piola

Titolo dell'opera: Affreschi di San Luca

Data: ultimo ventennio del XVII secolo

Ubicazione: Chiesa di San Luca

Tecnica: affresco

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Descrizione dell'opera

La chiesa: cenni storici e committenza

ANNO MCLXXXVIII MENSE UCTUBER OBERTUS DE SPINULIS CUM FILIIS GUIDONE INGONE OBERTO GUGLIELMO NICOLAO IOANNE ET BONIFACIO HANC ECCLESIAM FUNDAVERUNT

Così recita l’iscrizione della lapide ora collocata al centro dell’architrave centrale della piccola chiesa di San Luca, rappresentando così l’unica testimonianza della prima fase di costruzione dell’edificio: nell’anno 1188, nel mese di ottobre, Oberto Spinola insieme ai suoi sette figli fa edificare la chiesa su un’area di proprietà del genero Oberto Grimaldi. Nel 1485 la chiesa viene eretta a collegiata e affidata in giuspatronato perpetuo agli Spinola e ai Grimaldi da Innocenzo VIII (1432-1492), mentre nel 1589 viene assegnata come parrocchia gentilizia a queste due famiglie da papa Sisto V (1521-1591). La chiesa fu ricostruita ex novo nel corso del XVII secolo, a partire dal 1626, e non ne conosciamo l’aspetto originario. Le fonti storiografiche (Alizeri) indicano nel lombardo Carlo Mutone (attivo secolo XVII) l’architetto, cui, però, si deve forse solo il prospetto, come sottolinea Toncini Cabella, la quale aggiunge che recentemente studi documentari tendono ad attribuire il progetto a Bartolomeo Bianco (1590-1657).

La decorazione

L’interno, a pianta centrale di forma quadrangolare con abside fortemente espansa e spaziosa cupola, è completamente affrescato. La decorazione, commissionata dalle famiglie Spinola e Grimaldi a Domenico Piola (1627-1703) è incentrata su temi di esaltazione mariana ed episodi relativi al santo titolare. Stando a quel che dice Ratti, Piola avrebbe lavorato in San Luca attorno al 1695; si tratterebbe dunque di una delle produzioni dell’ultima fase di attività dell’artista. Tuttavia, secondo la Newcome è più probabile pensare che, come riporta l’Alizeri, il ciclo fu iniziato un decennio prima, dal 1681, quando Piola “fu incaricato di storiar la tribuna e il presbiterio” e che invece risalga al 1690 “quel ch’ei fece di poi per vestire d’eguale eleganza il rimanente della chiesa”. Il grosso della fase esecutiva dovette comunque avvenire nell’ultimo decennio del secolo. Sempre dall’Alizeri apprendiamo che per la prima parte del lavoro (presbiterio e tribuna) il Piola “ne fu ricambiato di lire 6000, cospicua somma a quel tempo”, mentre per il resto “gli meritò la somma di lire 15000”. Per lungo tempo si è creduto, sulla scorta delle fonti (Ratti, Alizeri), che il Piola fosse stato l’unico artefice dell’intero ciclo pittorico. Studi recenti hanno invece dimostrato come nella decorazione il programma sia stato scandito da interventi stilisticamente differenti. In generale possiamo dire che, se Domenico fu certamente il regista dell’impaginazione generale, per la dimensione dell’impresa e per l’avanzata età del maestro la bottega fu ampiamente chiamata a partecipare soprattutto nella fase esecutiva, ma anche in quella progettuale. Di capitale importanza fu l’intervento del figlio Paolo Gerolamo (1666-1732), richiamato da Roma con insistenza dal padre, con tutta probabilità proprio in vista dell’importante commissione nella parrocchia gentilizia genovese. Lavorarono agli affreschi di San Luca il primogenito Anton Maria (1654-1715), altri figli su cui si hanno scarse notizie e, secondo la Newcome, anche il pittore italo-svizzero Giovanni Andrea Carlone (1639-1697). Non meno significativa fu la collaborazione del pittore quadraturista Antonio Haffner (1654-1732) che eseguì le incorniciature e le parti della decorazione di architettura dipinta. Gli affreschi sono così collocati: l’Incoronazione della Vergine occupa tutto lo spazio affrescato della cupola; sui peducci le scene con Giuditta che taglia la testa a Oloferne, Giaele che uccide Sisara, il Figliol Prodigo e Giobbe tentato da SatanaSan Luca che dipinge la Vergine e San Luca in atto di predicare occupano rispettivamente il catino absidale e la parete del coro; nella controfacciata e nell’arcone sovrastante rispettivamente San Luca che battezza le turbe e l’Apparizione di Cristo in Emmaus. Una serie di allegorie di Virtù e di Angeli musicanti completano la ricca decorazione.

Catino absidale: San Luca che dipinge la Vergine

Punto focale e fulcro iconografico dell’intera decorazione è il catino absidale dove San Luca è colto mentre ritrae la Madonna. Si può ipotizzare un possibile percorso di ideazione del progetto definitivo attraverso una serie di disegni a noi noti. Due sono a Düsseldorf: nel primo è già chiaramente delineato l’impianto, sa pure in modo schematico, dello spazio del catino absidale con le tre grandi aperture e lo sfondato del cielo da cui appare la nuvola che regge il gruppo della Vergine col bambino, mentre la figura di San Luca è appena delineata; nel secondo il gioco si complica attraverso l’inserzione di un fitto intreccio decorativo. Vicino alla versione più semplificata del primo disegno di Düsseldorf è quello del British Museum che presenta una maggiore attenzione nell’indicazione del mezzo pittorico. Accostabile invece al secondo disegno di Düsseldorf è quello del Cooper Hewitt Museum di New York che appunta l’attenzione sulla dimensione pittorica con un ampliamento dell’immagine comprendente sia lo spazio che le figure. Ma il disegno che più si avvicina alla realizzazione finale è quello di una collezione privata di Berlino dove il motivo architettonico, così preponderante nel primo disegno di Düsseldorf, prevale rispetto all’aspetto decorativo. Ora, al di là del tentativo di riconoscere un filo progettuale che leghi i cinque disegni, ciò di cui siamo certi è che furono eseguiti da mani differenti: se nel disegno di New York e in quello di Berlino è riconoscibile la mano di Domenico o comunque quella della sua cerchia più ristretta, i disegni di Düsseldorf sarebbero ascrivibili secondo la Newcome a Giovanni Andrea Carlone e non all’Haffner, come si pensava. A livello esecutivo in questo affresco i tratti stilistici rimandano soprattutto a Domenico (la resa cromatica, la marcata accentuazione dei passaggi di tonalità, l’uso del colore finalizzato alla resa plastica delle figure), anche se la forma più frammentata e calligrafica del disegno delle pieghe del panneggio fa suggerire l’intervento di Paolo Gerolamo.

Parete del coro: San Luca in atto di predicare

L’affresco raffigurante San Luca in atto di predicare, collocato sulla parete del coro, è separato da quello sovrastante da una fascia sulla quale sono effigiate,in veste di giovani donne, le allegorie di Giustizia e Misericordia. Lo spazio, tripartito in tre arconi da cui si intravedono scorci di architetture, vede al centro la figura di San Luca avvolto in un panneggio ampio e plastico, braccio destro alzato nell’atto di predicare e immagine della Vergine col bambino nella sinistra. Anche per quanto riguarda questo affresco è noto un disegno, di mano del Piola, dove la chiarezza progettuale si esplica nel rapporto di relazione tra figure, architettura e parti decorative, ovvero nella verifica di questo rapporto nella previsione che l’esecuzione potesse modificarne i presupposti dimensionali. Nella soluzione finale, infatti, nel passaggio tra lo sviluppo in orizzontale del disegno e la curvatura della parete absidale, i rapporti tra le parti restano sostanzialmente immutati, nonostante si dilati l’apertura dell’arcone centrale con il conseguente ampliamento del gruppo delle figure. Secondo la Gavazza il segno del Piola si distingue nettamente, accanto a parti più deboli e semplificate nell’esecuzione, in molte delle figure di primo piano, ad esempio nel paggio col cappello piumato nel lato sinistro; mentre, una mano esercitata nella definizione dei particolari dei visi, puntualizzati in modo quasi caricaturale o resi nella forma manierata di un modello da imitare, una scrittura semplificata nella realizzazione dei panneggi e nella resa della volumetria, una cromia più impastata e meno netta è individuabile con quella di Anton Maria.

Cupola: Incoronazione della Vergine

Fulcro della composizione è la Vergine incoronata da Cristo, affiancato da dio e dalla colomba simbolo dello spirito santo; tutt’intorno una moltitudine celeste di angeli e santi in contemplazione. Il bozzetto relativo all’Incoronazione, interamente ascrivibile a Domenico Piola, precisa nella definizione delle parti gli effetti strutturali dello spazio pittorico. L’intreccio delle nuvole e le figure sono inserite entro un’unica fascia. L’elemento chiave della determinazione dello spazio è costituito dalla soluzione continua della nuvola che fa da supporto alle figure; la nuvola, sorretta dagli angeli, regge i personaggi della gerarchia celeste e si interrompe per segnare il baratro entro cui precipitano gli angeli ribelli. La caduta degli angeli si colloca in posizione diametralmente opposta all’Incoronazione, a significare la contrapposizione simbolica delle due scene. La fedeltà nell’esecuzione del progetto attesta la presenza attiva di Domenica Piola. Secondo la Gavazza, possiamo riconoscere la sua mano nel segno che avvolge pittoricamente i volumi e insiste col disegno a dense lumeggiature nell’articolazione dei panneggi. Si individuano interventi di mani meno abili nei registri di fondo. Dal punto di vista allegorico l’Incoronazione della Vergine esalta nel trionfo la verità di fede, suggellando l’atto assoluto di Verità contro l’eresia: Maria assunta in cielo e incoronata, vittoriosa del nemico. In diretto contatto con l’iconografia mariana sono le scene sui peducci con Giuditta che taglia la testa a Oloferne e Giaele che uccide Sisara, dal momento che il nome di Maria è spesso affiancato a quello delle eroine bibliche Giuditta e Giaele. Quelle, invece, del Figliol Prodigo e di Giobbe tentato da Satana sono da riferirsi a episodi di accettazione e di rassegnazione al volere divino. Per quanto concerne i peducci, se l’ideazione del fitto intreccio di figure e la struttura compositiva della scena mostrano i modi di Domenico, l’esecuzione, nella forma più allentata del segno e della cromia, l’intervento di altre mani e solo il pennacchio con Sisara e Giaele mostra la scrittura disegnativa e pittorica del maestro

Controfacciata: San Luca che battezza le turbe

Centrale rispetto alla folla che lo circonda risulta San Luca nell’atto di battezzare un infante; discende su di lui dal lato sinistro la luce divina i cui raggi si fanno strada tra le nubi ove angeli e putti sono in osservazione dell’accadimento. Sullo sfondo una dissolta costruzione architettonica. Secondo la Gavazza, l’affresco è condotto in alcune parti personalmente da Domenico Piola con un fare deciso, grandioso e con una tavolozza squillante. Ravvisabile anche la mano di Paolo Gerolamo.

Arcone della controfacciata: Apparizione di cristo in Emmaus

Situato sull’arcone sovrastante la controfacciata, e diviso da essa attraverso una fascia con le allegorie di Carità e Fede cristiana, l’affresco mostra il Cristo in posizione centrale, ai lati di esso due figure sedute in adorazione. La scena è arricchita da un trogolo a sinistra su cui una figura è intenta a lavare e a destra da un giovane in posizione frontale che attraverso la torsione del capo esprime la sua sorpresa per il miracolo imminente. Dal punto di vista stilistico è chiaramente rintracciabile la mano di Paolo Gerolamo, del quale possiamo riconoscere i panneggi che si gonfiano e si frammentano in pieghe calligrafiche, esuberanti e metalliche.

Pareti del presbiterio: Carità, Pazienza, Fede, Speranza (lato sinistro) Figure di uomini penitenti (lato destro)

Come afferma la Gavazza, il bozzetto, nonché l’esecuzione, delle Figure di uomini penitenti (variamenti interpretati anche come Santi e Profeti) è interamente ascrivibile a Paolo Gerolamo, mentre ad Anton Maria potrebbe spettare disegno ed esecuzione delle figure femminili della parete opposta, allegorie di Carità, Pazienza, Fede e Speranza.

Virtù

Dieci grandi figure di virtù, a monocromo grigio su verde, campeggiano entro nicchie in trope-l’oeil susseguendosi sul registro inferiore lungo le pareti della chiesa ai lati degli altari laterali. Molto probabilmente esse passarono, in gran parte, dal disegno di Domenico Piola alla mano degli esecutori. Il suo segno traccia con immediatezza la forma delle figure, mentre mani meno abili e di segno più debole le portano a compimento. Queste allegorie rappresentano le tappe della strada che conduce alla Verità e sono Eternità, Fortezza, Sapienza, Bontà, Desiderio verso Dio, Elemosina, Misericordia, Prudenza, Speranza, Umiltà.

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Fonti

  • Carlo Giuseppe Ratti, Storia de' pittori scultori et architetti liguri e de' forestieri che in Genova operarono, secondo il manoscritto del 1762, a cura di Maurizia Migliorini, Genova 1997. "Ma daché tante ne ò scritte vo' anco qui registrare la chiesa di S. Luca da lui pinta nel millesecennovantacinque col celebre quadratorista Antonio Haffner. V'à nella tribuna la Vergine madre nel'atto d'esser dal santo Vangelista ritratta con molti angiolini e putti che in legiadre disposizioni la circondano e a' fianchi dello altare alcune virtù e corone d'angioli sopra le capelle e statue finte a lo 'ntorno della chiesa. L'argomento della cupola si è la coronazione della Vergine con numero infinito di santi, di patriarchi ed angioli e alla bizzara idea corispondono a meraviglia le disposizioni delle figure tutte.V'à ne' triangoli quatro fatti del'antica legge, il figliol prodigo ricevoto dal padre Iaele che conficca il chiodo nel capo a Sizara, Giuditta trionfante d'Olofere e 'l santo Giobbe dalla moglie ingiuriato. Sopra la porta un quadro pure a fresco con san Luca e batezza un fanciullo. / (c. 53 r.) E nella volta sopra questo Christo che, franto il pane, palesa se stesso a' pellegrini in Emaus."
  • Federico Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, Genova 1846. "Nel 1695 furon lavorati gli affreschi da Domenico Piola secondato dal bolognese Antonio Haffner valente pittore di prospettiva e d'ornato. V'hanno composizioni ed istorie copiose, e fregi, e chiaroscuri ed accessorii da sgomentare ogni artista men fecondo del Piola, men pronto di lui all'esecuzione dei grandi cose. Nella cupola espresse l'incoronazion di Maria tra schiere d'angioli e di beati, con una leggerezza e trasparenza di colori, con toni gentili ed aerei quali si convengono al subbietto, quali si richiedono da chi dipinge cupole, tenute da' periti come l'estremo cimento dell'arte pittorica. Aggiunse ne' peducci quattro istorie allusive alla virtù di Maria; Giaele che uccide Sisara, Giuditta che tronca il capo ad Oloferne, il figliuol prodigo pentito tra le braccia del padre, e il patriarca Giobbe schernito dalla moglie, pitture non del tutto rispettate dal tempo. Durano intatti il S. Luca che battezza neofiti al dissopra della porta, e Cristo alla cena d'Emaus sul volto che sovrasta, colorite con una vivacità, con un garbo che innamora. Nel catino v'ha il santo in atto di ritrarre la Vergine, e nel coro, di predicare a numeroso popolo; tema degno di lui ove campeggiano molti caratteri ed episodii, e al quale accresce imponenza un colonnato fintovi dall'Haffner. Nel rimanente ov'ha meno spazio, diresti che si compiaccia di mostrare quanto possa il suo ingegno; due gruppi di putti sull'arco delle cappelle tenenti gli allusivi del titolo uniscono ad un impasto vivo, armonioso, correggesco, le graziose forme del Fiammingo teneramente studiato da lui; talché si ricordano come tipo di bellezza veramente angelica. Tentò un genere più gagliardo, o a dir meglio lo contrappose al gentile ne' due spazi quadrati a' fianchi del presbiterio ove colorì le tre virtù teologali, e parecchie figure di santi eremiti, piene di evidenza e di forza, e quel ch'è gran lode per lui, d'una cognizione anatomica da invidiarsi ai migliori. Con queste vuol quasi vendicarsi l'encomio di gran disegnatore, negatogli spesso, né ingiustamente, nelle opere di minore impegno; mostrando, che se il secolo viziato gli facea parer secondario lo studio del dintorno, lo avea però coltivato in gioventù, e lo padroneggiava sempreché ne avesse talento. Non mi diffondo in altre lodi, e perché l'intelligente può cercare in quest'opere mille altre bellezze, e perché de' lavori del Piola d'egual mole e d'egual merito n'è sì colma la città nostra, da stupire che un solo uomo bastasse tanto."
  • Federico Alizeri, Guida artistica del cittadino e del forestiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova 1875, pg. 129-130

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Bibliografia

  • Gavazza Ezia, Chiesa di San Luca, Genova 1976
  • Gavazza Ezia, Lo spazio dipinto. Il grande affresco genovese nel Seicento, Sagep, Genova 1989
  • Magnani Lauro, Cultura laica e scelte religiose: artisti, committenti e tematiche del sacro, in Gavazza Ezia, Lamera Federica, Magnani Lauro, La pittura in Liguria. Il secondo Seicento, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova 1990, pg. 327
  • Newcome Mary, Domenico Piola in the church of San Luca, in Paragone, 1993, 39-40, pg. 99-112
  • Toncini Cabella Alessandra, Chiese e parrocchie gentilizie a Genova: aristocrazia, arte, devozione, De Ferrari, Genova 2001
  • Toncini Cabella Alessandra, Paolo Gerolamo Piola e la sua grande casa genovese, Sagep, Genova 2002
  • Sanguineti Daniele, Domenico Piola e i pittori della sua casa, Edizioni dei Soncino, Genova 2004
Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022